Il disagio giovanile: il caso studio del Centro Diurno di Lecco (CDP). Buona pratica e nuove prospettive post pandemia
Simonetta Martini, Beatrice Redaelli, Vittoria Speltoni, Giorgio Cerati
La prevenzione richiede un’organizzazione integrata e unitaria, che superi la separazione delle competenze tra i servizi e favorisca un approccio facilitato e senza filtri al giovane. I metodi psicosociali proposti, psicologici, psicoterapeutici o farmacologici, hanno però un limite: i giovani devono potersi fidare, è dunque indispensabile, prima di tutto, creare una comunità e una rete sociale (3) con educatori e, soprattutto, adulti credibili e uniti (vedi oltre: la Coalizione Comunitaria) (4). La prevenzione, con riferimento specifico alla salute mentale, si articola su tre step:
- Prevenzione primaria o universale: interventi diretti sulla popolazione generale
riguardo ai fattori di rischio;
- Prevenzione secondaria o mirata: interventi su gruppi di popolazione a rischio
che non presentano, però, segni di malattia;
- Prevenzione terziaria o specifica: interventi sugli individui a rischio che
presentano iniziali e riconoscibili sintomi di disturbo.
Interventi universali
In questo ambito si sviluppa il concetto di Coalizione Comunitaria. Si tratta di una strategia per prevenire e intercettare precocemente il disagio psichico giovanile. È un modello di coinvolgimento dei cittadini di un territorio in tema di salute pubblica intesa come bene comune e di inclusione sociale. Ha come obiettivo un’integrazione formale e informale nelle azioni di prevenzione e cura del disagio psichico dei giovani, con il coinvolgimento di soggetti, anche non esperti, sia individuali che collettivi, presenti nella rete sociale e a contatto con i giovani (es. scuole, centri di aggregazione). Lo scopo è creare un luogo di progettazione creativa e partecipata per intervenire su problemi complessi basandosi sulla condivisione di saperi e responsabilità tra soggetti che collaborano a un fine comune (5).
Prevenzione secondaria o mirata
Tale tipo di prevenzione è pensata per gruppi di popolazione che potrebbero essere esposti a fragilità psichiatriche (Adozioni internazionali, migranti di II generazione). Numerosi i progetti virtuosi attivati in questo ambito, si riporta qui, a titolo esemplificativo, il Progetto Semola (7) pensato per minori di genitori con disturbi psichiatrici. Il protocollo è stato sviluppato in due differenti step, il primo, Let’s talk about children, prevede tre incontri con i due genitori, il secondo, Family talk intervention, si articola in 5-6 incontri, e comprende un momento di follow-up.
Prevenzione terziaria e specifica
Un’analisi svolta su un campione di 375 pazienti di età compresa tra i 15 e i 24 anni, ha rilevato che il 21% è a rischio vulnerabilità, di cui l’11% a rischio severo (8). La procedura, in questi casi, si articola in un accesso diretto al servizio a bassa soglia, dove l’utente viene preso in carico da un’equipe multidisciplinare (DSMD; UONPIA; servizi extra DSMD; terzo settore) e si attua un intervento multicomponenziale che possa essere tempestivo, integrato, personalizzato ed efficace. Il Centro Diurno di Lecco, grazie ad un lavoro di équipe multidisciplinare e alla collaborazione con il CPS, il Dipartimento di salute mentale e le istituzioni territoriali, ha provato, spesso riuscendovi, a trasferire nell’approccio quotidiano tali riflessioni, dando loro una dimensione pratica e concreta, di cui si presenteranno i dati e le relative considerazioni.
IL CONTESTO ATTUALE
L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) (9) stima che siano 970 milioni le persone affette da disturbi psichiatrici nel mondo, il che equivale al 13% della popolazione. Le diagnosi prese in considerazione rientrano nella nosologia della psichiatria clinica come: disturbi d’ansia (4%), disturbi depressivi (3.8%), ADHD (1.1%), disturbi bipolari (0.5%), disturbi di condotta (0.5%), disturbi dello spettro autistico (0.4%), disturbi schizofrenici (0.3%), disturbi alimentari (0.2%), disturbi di personalità. (9) A tali numeri, vanno sommati 283 milioni di persone che abusano di alcool e 36 milioni che fanno uso di sostanze stupefacenti, spesso in comorbilità con le patologie psichiatriche. L’8% dei bambini tra i cinque e i nove anni e il 14% degli adolescenti (10-19 anni), hanno un disturbo psichico clinicamente definito. La metà dei disturbi negli adulti insorge entro i 14 anni, per la restante metà, almeno il 75% entro i 24 anni. La pandemia ha portato un aumento dei disturbi d’ansia e dei disturbi depressivi: nel 2020 erano 193 milioni i casi diagnosticati di depressione maggiore (2.4%) e 298 milioni i casi con disturbi d’ansia (3.8%). I casi stimati dopo la pandemia salgono a 246 milioni con disturbo depressivo maggiore (3.15%) e 374 milioni con AD (4.8%), con un incremento rispettivamente del 28% e del 26%. L’OMS rileva una correlazione tra tali incrementi e le aree più duramente colpite dalla pandemia e osserva, inoltre, come l’aumento della prevalenza è maggiore nelle fasce di popolazione più giovane, in relazione, probabilmente, con il profondo impatto sui minori della chiusura dei luoghi di aggregazione e delle restrizioni sociali. Ciò che ci preme sottolineare è che la crisi pandemica ha portato all’emergere di situazioni di sofferenza latenti, già diffuse ma non ancora agganciate ai servizi. La sofferenza dei giovanissimi, cresciuta in modo eclatante negli ultimi due decenni, evidenzia, a livello clinico, un incremento dei disturbi psichici, una sempre più precoce età di insorgenza e un grande cambiamento nei quadri clinici. Sembra ormai consolidata anche l’osservazione che il clima culturale contemporaneo in cui nascono e crescono le nuove generazioni, abbia un notevole impatto dal punto di vista dell’espressione fenomenica dei sintomi portati dai giovani che presentano comportamenti di isolamento, come nel caso degli hikkikomori; autolesionismo come il self cutting; aggressività e comportamenti devianti; dipendenze e abusi; sessualità, che va dall’essere scissa e banalizzata alla totale assenza; ansia; depressione e, nei casi estremi, il suicidio, che si colloca nelle prime quattro cause di morte (9) nella fascia di età compresa tra i 15 e i 19 anni, e nuove forme di psicopatologia legate all’utilizzo di sostanze, con quadri inediti di psicosi. L’ambito culturale contemporaneo presenta diversi volti e molte contraddizioni: viviamo in una società fluida, da un lato nichilista e fragile e dall’altro giudicante e competitiva, narcisisticamente centrata sulla ricerca del successo individuale. I giovani sembrano smarriti, soli, senza punti significativi di riferimento. I modelli identificatori degli adulti, amplificati e messi in primo piano dai mass media, irrealisticamente elevati, nella maggioranza dei casi irraggiungibili, sono fonte di frustrazione per i ragazzi, che si sentono inadeguati, non all’altezza delle sfide della vita. Molti di loro rimangono attaccati alla propria onnipotenza infantile e sono in grande difficoltà ad affrontare la crescita verso l’emancipazione. A ciò si aggiunge, nel particolare periodo post Covid, una perdita di speranza nel futuro e una mancanza di senso e di scopo per cui valga la pena faticare. A fronte dei dubbi o sensi di delusione nei confronti della tecnica e della scienza, nell’epoca post Covid nasce e si diffonde un sentimento pervasivo di perdita di speranza nel futuro. Emerge perciò la ricerca dell’esperienza gratificante veloce, la ricerca di oggetti di consumo immediato oppure, per timore di non farcela, la scelta dell’isolamento (10). Il filo conduttore per le nostre riflessioni è dato quindi dalla consapevolezza che la complessità della contemporaneità richiede ai servizi di affrontare il malessere dei giovani adeguando alla mutata realtà nuove e più idonee modalità professionali. Una maggiore flessibilità da parte degli operatori, una ricerca di luoghi adeguati dove svolgere le attività, tempistiche di intervento più celeri, una concreta e incisiva integrazione con il territorio sono gli obiettivi del CD, finalizzati alla costruzione del benessere dei ragazzi e ad evitarne la stigmatizzazione.
CENTRO DIURNO DI LECCO, LA STORIA DI UN CAMBIAMENTO
Storicamente, il Centro era frequentato da un’utenza adulta, di età compresa tra i 30 e i 65 anni, con patologie psichiatriche croniche. La constatazione che l’utilizzo del Centro Diurno come contenitore indifferenziato per l’accoglienza di persone con bisogni tra loro molto diversi fosse poco efficace dal punto di vista riabilitativo, nonché per alcuni utenti addirittura cronicizzante, era confermata dal fatto che al CD di Lecco pervenivano pochi invii di giovani utenti da parte del CPS, in quanto questi nutrivano diffidenza nei confronti di un contesto fortemente connotato dai segni visibili della malattia (quasi temessero di identificarvisi). L’evento pandemico ha portato al cambiamento del Centro Diurno rispetto all’accoglienza dei giovani, con modificazioni strutturali e organizzative finalizzate ad affrontare le nuove emergenze.
La nascita del Centro Crisi Temporaneo
Il primo cambiamento organizzativo messo in atto è stata la creazione del Centro Crisi Temporaneo, nato dall’esigenza di dare risposta a situazioni acute che - data l’emergenza pandemica - non potevano accedere facilmente al ricovero ospedaliero. All’inizio del lockdown, primavera 2020, le prese in carico spesso riguardavano persone sottoposte a stress e a rischio di scompenso psichico. La modalità di invio da parte del CPS prevedeva una valutazione clinica da parte del Servizio psichiatrico territoriale accompagnata da una breve relazione dove erano specificate: una sintesi anamnestica del caso, la motivazione dell’invio, la tempistica della permanenza prevista presso il CCT, gli obiettivi dell’inserimento, le modalità relazionali da tenere col paziente, la terapia farmacologica in atto. Il Centro Crisi Temporaneo si è così organizzato per rispondere alle esigenze di invio da parte del CPS; è subito emerso come la maggioranza degli invii fosse per una popolazione di giovani adulti di età compresa tra i 18 e 20 anni. La peculiarità del momento pandemico ha inoltre determinato uno svuotamento della presenza dell’utenza storica, creando lo spazio e le condizioni ideali per rispondere alle nuove richieste emergenziali, con la predominanza di un’utenza giovane che presentava disagi e richieste totalmente diverse rispetto ai pazienti precedentemente in carico. L’opportunità di avere uno spazio e operatori dedicati esclusivamente a tale utenza ha favorito la nascita di un’esperienza molto positiva, ha cioè favorito la strutturazione di un nuovo approccio riabilitativo, in sintonia con i pensieri e le intuizioni di cui sopra, e soprattutto con i bisogni reali di accoglienza e di appartenenza al contesto sociale del territorio, riportati dai giovani durante i colloqui con gli operatori.
Il Centro Diurno Area Giovani
Attualmente la nostra originalità consiste nella permanenza di una funzione clinico – terapeutica finalizzata alla stabilizzazione del quadro psichico (Centro Crisi Temporaneo) che opera in continuità con la funzione riabilitativa (Centro Diurno). L’esperienza del CCT è ancora attiva e continua ad accogliere in modo individualizzato e strutturato pazienti in fase di malessere acuto / subacuto, sulla base delle indicazioni del CPS e di una valutazione concordata con gli invianti. Ad oggi l’osservazione, svolta a distanza di due anni dall’emergenza pandemica, evidenzia l’aumento degli accessi al CD con una netta preponderanza delle fasce d’età giovanili. In parallelo, dopo aver sperimentato che è possibile lavorare in uno spazio dedicato con utenti giovani, il Centro Diurno ha deciso di creare un progetto ad hoc rivolto a tale fascia di età e più precisamente improntato alla funzione riabilitativa e di reinserimento nel territorio. A tale riguardo la sempre più rilevante domanda di accesso e le richieste di sostegno ci hanno portato ad interrogarci sulle azioni che potevamo mettere in atto per rispondere ai bisogni di un’utenza verso la quale non eravamo preparati a dare risposte. Nasce da qui il Centro Diurno Area Giovani.
I DATI
Di seguito vengono evidenziati alcuni dati epidemiologici relativi alle attività svolte e alle persone trattate negli ambiti unificabili attorno al Progetto giovani del Centro diurno. I dati mettono in evidenza la tipologia di utenza afferente al Progetto giovani e l’evoluzione dei rapporti tra utenti e offerta riabilitativa del servizio. La revisione organizzativa che ha portato alla strutturazione del CD per i giovani ha coinciso nel 2022 con un deciso aumento di invii da parte del CPS delle fasce under 30 (vedi grafico: nell’anno 2022 il 78% dell’utenza che frequenta il CD ha un’età sotto i 30 anni e si evidenzia la grande differenza rispetto all’anno 2019, in cui l’utenza under 30 risultava essere inferiore al 10 % contro il 90% di pazienti over 30 ).
Dati di incidenza
Motivazioni invio
Interessante è l’analisi delle motivazioni di invio al CD: la grande maggioranza delle richieste di inserimento avviene per motivi di ritiro e isolamento dalle relazioni (62%). Il 21% dei pazienti viene inviato perché presenta comportamenti esternalizzanti, di difficile gestione nell’ambito familiare. Il 13% viene proposto per la presenza di condotte autolesive. Per una percentuale più’ ridotta (5%) viene richiesto l’intervento del CD perché il giovane effettua un uso importante e destabilizzante di sostanze.
Percentuali diagnosi giovani presi in carico tra 2020/2022
Dal grafico si evince che più dei tre quarti dei pazienti presi in carico sono affetti da un disturbo di personalità; solo una piccola percentuale presenta disturbi dell’umore per lo più di tipo depressivo; una piccola parte restante soffre di problemi di ritardi cognitivi legati a condizione organiche dalla nascita o a seguito di traumi. Inoltre la tabella evidenzia l’assenza di pazienti giovani con diagnosi di psicosi.
Da un’analisi più approfondita dei pazienti con disturbo di personalità si nota che il 25% ha concomitanti disturbi dell’alimentazione e un altro 25 % utilizza sostanze d’abuso.
Andamento presa in carico - età utenza - dimissioni
Si nota dal grafico che, dopo un’iniziale crescita degli invii al centro, motivata dall’urgenza pandemica, è seguito un periodo di stasi. In tale periodo è avvenuta una revisione e una ripuntualizzazione della proposta di trattamento, dopo aver condiviso con il CPS inviante un lavoro di rivalutazione e miglior comprensione dei nuovi bisogni espressi dall’utenza. Dal grafico si nota la graduale diminuzione dei drop-out dal 2020 al 2022, a cui corrisponde un aumento delle dimissioni concordate a fine percorso, segno del risultato positivo della permanenza nel CD che ha portato alla dimissione.
Esito Dimissioni
Questo grafico mette in evidenza l’importante risultato ottenuto dal CD che nel 2023 vede per i propri utenti al momento delle dimissioni una ripresa del percorso di studi o dell’attività lavorativa nel 60 % dei casi.
Come si lavora in CD
Il Centro Diurno è composto da diverse figure professionali: lavorano infatti in modo integrato Educatori e Terapisti della Riabilitazione, un Infermiere e lo Psichiatra che effettua supervisione clinica dei casi. Accanto a queste figure si avvicendano volontari che prestano la propria professionalità per laboratori volti alla riscoperta delle potenziali attitudini e interessi degli utenti. Due sono i momenti significativi del lavoro degli operatori: 1) il momento dell’accoglienza del giovane, fatta individualmente con l’Educatore di riferimento che lo seguirà nel suo percorso. In questa prima fase è importante accogliere il malessere, ma anche conoscere gli interessi, le passioni, i desideri della persona. Avere infatti un quadro chiaro delle reti amicali e sociali, dell’attività scolastica e lavorativa e delle difficoltà che hanno preceduto la comparsa del malessere permette di individuare proposte concrete per attivare un “fare condiviso”; 2) in un secondo momento, e in base al quadro individuale, il giovane è invitato a incontrarsi con altri ragazzi in una dimensione di gruppo alla pari, in cui emergono proposte e si strutturano progetti e attività sul territorio. Gli Educatori/ Terp, nel condividere e guidare il percorso di strutturazione delle attività del nuovo CD giovani, si propongono di accogliere e accompagnare i ragazzi nell’affrontare al meglio i loro compiti evolutivi per porre le premesse di un’emancipazione reale. Gli operatori diventano per i ragazzi, fuori dalle mura protettive del CD, il riferimento sicuro di ascolto e mediazione con la realtà circostante. I giovani trovano accoglienza e rassicurazione per le parti fragili, ma anche il giusto stimolo per mettere in gioco le proprie risorse sane nei tempi e nei luoghi più’ adeguati. I nostri operatori effettuano supervisioni mensili con professionisti del settore. Siamo convinti che la risorsa più preziosa sia rappresentata da un personale che integra professionalità e capacità di mettersi in gioco: professionisti e insieme persone autenticamente motivate dai propri valori di vita, dotate di empatia e capacità di lavorare in equipe. Nel costruire questo nuovo approccio, la prima domanda che ci siamo posti è stata quali fossero i bisogni specifici e la risposta ci è stata fornita dagli stessi giovani pazienti: la riappropriazione di uno spazio affettivo ed esperienziale dove sentirsi accolti ma anche avere gradualmente la possibilità di sperimentare le proprie competenze e di riscoprire le proprie passioni in modo sempre più autonomo e funzionale. I primi concreti cambiamenti operativi sono stati: - accoglienza del malessere con modalità più flessibili rispetto alle tempistiche e agli orari prefissati e quindi meno circoscritte alla struttura fisica del CD; - tempestività della risposta alle richieste di aiuto; - apertura alla valorizzazione degli interessi, dei bisogni di socialità, di appartenenza e di riconoscimento dei punti di forza dei giovani attraverso l’utilizzo del contesto territoriale al di fuori dello spazio istituzionale. La necessità di sentirsi parte di una realtà non avulsa dal contesto sociale e non stigmatizzata ha stimolato, inoltre, la ricerca di spazi ed esperienze da condividere con altre realtà culturali presenti nel territorio. Sono stati individuati centri culturali disposti a condividere luoghi e progetti per riattivare momenti di socialità, che il lockdown aveva precluso, in cui i nostri ragazzi potessero essere protagonisti e attivatori di proposte rivolte ad altri coetanei. Da una prima analisi dell’esperienza in corso ci sembra di constatare che, laddove i ragazzi faticano a svolgere un lavoro di mentalizzazione e di presa di coscienza delle proprie conflittualità e delle proprie fragilità, non sia sufficiente un solo contesto di ascolto. Occorre favorire percorsi di validazione e di riconoscimento delle peculiarità della persona, attraverso un’esperienza concreta volta a rafforzare e a far crescere il giovane, che, a queste condizioni, si sente più coinvolto e disponibile all’offerta del servizio. È perciò importante realizzare una forte integrazione dell’attività clinica con le attività di assistenza e riabilitazione, nel corso delle quali gli operatori si confrontano con i giovani in una prossimità quotidiana che facilita la comprensione dei diversi aspetti di vita del giovane. In alcune situazioni, infatti, l’intervento di tipo concreto e operativo svolto da figure come l’Educatore/ Terapista della riabilitazione o l’Infermiere professionale risulta essere molto efficace nel creare un’alleanza terapeutica. Proprio con ragazzi impulsivi, esternalizzanti, che cercano gratificazioni immediate e che faticano a mettersi in un’ottica di riflessione su di sé e sul proprio modo di agire, un metodo che privilegia il” fare insieme” (incluso ad es. un percorso di psicoterapia), sembra offrire maggiori opportunità, e si rivela più adatto ad aprire una via di comunicazione che altrimenti appare sbarrata. Il lavoro ambulatoriale è utile se trova applicazione e risposte nel tessuto territoriale e familiare: è importante sottolineare che il lavoro svolto in CD sarebbe stato nullo se non fossimo stati in grado di creare dei rapporti di collaborazione con enti istituzionali e associazioni del territorio: abbiamo dialogato con le scuole e con i servizi sociali, abbiamo seguito i ragazzi in ogni passaggio per l’inserimento lavorativo e abbiamo dato sostegno alle famiglie.
PRESENTIAMO A TITOLO ESEMPLIFICATIVO DUE DELLE INIZIATIVE MESSE IN ATTO
E-20 in Progress: il Progetto e la sua realizzazione
E-20 in progress nasce nel giugno 2020, raccogliendo le richieste dei ragazzi di un luogo adeguato e non istituzionalizzato dove potersi incontrare e mettere a frutto le proprie competenze. Abbiamo sostenuto questo progetto che vede i giovani del CD protagonisti nella creazione di eventi volti a catalizzare l’interesse di altri giovani del territorio, e si pone come punto di riferimento per associazioni e pari, in collaborazione con il Comune, I’Informagiovani e altre associazioni no profit. I ragazzi hanno avuto un piccolo sostegno economico grazie a donazioni da parte di privati, con il quale hanno potuto avviare l’attività. Il progetto E-20 in progress ha dato l’occasione ai ragazzi di mettersi alla prova attraverso un approccio job-training, propedeutico all’attività lavorativa, con l’obiettivo di incrementare l’empowerment e l’emancipazione, sino alla totale autogestione dell’attività.
L’Associazione creata dai giovani utenti: HorusClub
Da questa seconda fase e opportunità è emersa successivamente l’idea, che si è attualmente consolidata, della creazione di un‘associazione costituita dai ragazzi fuori dal contesto istituzionale. Necessità di non sentirsi soli, necessità di appartenenza e comunicazione coi pari attraverso i social, necessità di sentirsi visti, sentirsi valorizzati, sentirsi accettati e perciò riconosciuti e considerati: questi sono i bisogni che hanno fatto nascere il desiderio dei ragazzi di dar vita a un‘associazione autonoma. Bisogni senz’altro meritevoli di ulteriori più approfondite letture e riflessioni (es. il tema dello sguardo e la relazione con l’altro).
Riflessioni conclusive
Per favorire l’ingresso dei giovani presso il CD con un’area di lavoro a loro riservata sono state create procedure più snelle per la presentazione da parte del CPS anche in situazioni di urgenza. La stretta, rapida e snella comunicazione tra CPS e CD è sicuramente un aspetto di decisiva importanza: ha permesso una presa in carico integrata tra gli aspetti clinici e l’osservazione intensiva dei bisogni e degli interessi specifici della persona. Si è provveduto a individuare spazi di intervento di urgenza (Centro Crisi Temporaneo) che ben si adattassero al momento e al bisogno specifico dell’utente in fase di emergenza clinica e che, successivamente a un intervento di stabilizzazione emotiva, permettesse di individuare un adeguato progetto riabilitativo. Il percorso dell’utente in molte occasioni ha favorito un precoce rientro nel proprio ambito di vita, con la ripresa del lavoro o degli studi, con la conseguente dimissione dal CD, tra gli obiettivi forti dell’approccio riabilitativo del Centro, insieme al coinvolgimento della famiglia e del territorio di appartenenza. La peculiarità del nostro approccio riabilitativo sta nell’ascolto attivo dei ragazzi, si concretizza nel creare laboratori e attività calibrati sulle esigenze e sulle attitudini e che possono avere un carattere di temporalità modellato sul gruppo esistente. Di conseguenza, il CD non offre proposte di intervento precostituite. Infine, viene offerta ai giovani la possibilità di costruire un gruppo che permette il rispecchiamento, il confronto tra pari, favorisce un’ulteriore crescita e maturazione personale e aiuta ad uscire dal ritiro e dall’isolamento senza speranza. Un’ultima importante riflessione, che stiamo facendo sul campo, è che, di fronte ai bisogni che emergono prepotenti nei ragazzi, agli operatori sia richiesto qualcosa in più delle buone competenze professionali. I ragazzi guardano agli adulti, nel qui e ora, affamati di testimonianze di vita, e soprattutto di modelli identificatori significativi e portatori di speranza e di senso. Se vogliamo contribuire a superare l’epoca delle “passioni tristi” (11) e del nichilismo (12) dobbiamo ognuno di noi assumerci responsabilmente la consapevolezza di essere guardati dai giovani, che si aspettano una relazione autentica e significativa. Siamo consapevoli, infatti, del doppio ruolo che gli operatori svolgono nei confronti dei giovani che cercano non solo “terapisti”, ma anche adulti “credibili” a cui potersi riferire.
Lo sguardo dell’altro, la relazione, il lavoro dell’integrazione sono per noi punti di forza che aprono a sviluppi di grande interesse.
1) McGorry PD, Edwards J., Mihalopoulos C. et al.1996, EPPIC: an evolving system of early detection and
optimal management. Schizophrenia Bulletin, 22(2): 305-26.
2) Birchwood M., Todd P, Jackson C. 1996, The Early Intervention in psychosis. The critical period
hypothesis. British Journal of Psychiatry, 172-33:53-59.
3) McGorry PD, 2013, Prevention, innovation and implementation science in mental health: the next wave
of reform, The British Journal of Psychiatry, 202, pp.3-4.
4) PsichiatriaOggi-annoXXXV-n1-06-DAVANZO-Coalizione-comunitaria-CPS-Giovani-Contatto.pdf
5) PsichiatriaOggi-annoXXXV-n1-06-DAVANZO-Coalizione-comunitaria-CPS-Giovani-Contatto.pdf
6) Cerati G. e coll. 2022, Il progetto adolescenza, disagio giovanile, territorio. Psichiatria Oggi, anno
XXXV, n.1.
7) Percudani M. e coll. 2022, Progetto Semola. ASST Ospedale Niguarda
8) Frontiers in psychiatry 2019 https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyt.2019.00355/full
9) World Mental Health Report 2022 (fonte di tutti i dati epidemiologici di seguito riportati)
10) Ballantini e coll. 2023, Disagio giovanile e adolescenziale tra cambiamento d’epoca e pandemia. Ediz.
Gruppo Aeper.
11) M.Benasayag, M. Schmit, 1994, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli ed. 2005.
12) U.Galimberti, L’ospite inquietante, Feltrinelli, 2007