Diventare genitori nel tempo sospeso del coronavirus
ELISA GIANNACCARI - Psicologa, Psicoterapeuta
L’emergenza sanitaria che ci troviamo a vivere interessa la salute dei cittadini a tutti i livelli e l’esperienza psicologica legata ad essa è caratterizzata da specifici fattori di stress (IASC, 2020).
In questo momento il tema coronavirus ha assorbito gran parte delle conversazioni e degli input che riceviamo dai media o semplicemente guardando ciò che ci sta intorno: chi non ha, accanto a sé, nella borsa o sul tavolo, mascherina e disinfettante? E in questo momento storico, come vivono la gravidanza, il parto e il puerperio? Come si vive il diventare genitori a fronte di un tempo sospeso? Come si vive “essere in dolce attesa” quando si attende il recupero della normalità?
Diventare mamma/papà (la prima, la seconda o la “n” volta) significa entrare in una fase psicologica-mente complessa della propria vita. Oltre alle trasformazioni sul piano biologico, la maternità implica nuovi ed importanti equilibri riguardo all’identità di coppia e sociale nonché una ridefinizione dell’identità individuale (Deutsch, 1945; Bibring, 1959; Benedek, 1959; Ammaniti et al., 1995; Mastella, 2004; Monti et al., 2006).
Infatti, uno dei settori ad elevato rischio psicologico e i cui pazienti si trovano a fronteggiare elevate restrizioni e stravolgimenti rispetto alle ordinarie procedure riguarda le donne che si trovano a dover partorire in questo periodo e i papà che si sentono totalmente esclusi dalla possibilità di partecipare e seguire questo evento se non come spettatore lontano.
L’emergenza che abbiamo affrontato e le norme covid che sono seguite hanno un notevole impatto sulla vita delle gestanti e delle partorienti, e in generale della coppia genitoriale, influenzando significativamente non solo il loro stato emotivo complessivo ma anche le condizioni di vita che potevano fungere da fattori di protezione alle psicopatologie del post-parto.
Ci troviamo, oggi, a vivere in un contesto – familiare, amicale, sociale – nuovo, modificato e in alcuni casi stravolto, dalla circolazione del virus responsabile della pandemia COVID-19. Un cambiamento che mette tutti in uno stato di ansia, preoccupazione e allerta. Non possiamo, quindi, non considerare che ora si trovino ad essere decisamente amplificati tanti fattori che mettono a rischio il benessere psicologico delle coppie sia nel pre- che nel post-parto.
Studi recenti hanno potuto evidenziare le conseguenze degli stati emotivi materni, in particolare ansia e depressione, sullo sviluppo del sistema nervoso fetale, sul decorso della gravidanza, sulle complicanze ostetriche e sullo sviluppo psicomotorio del bambino (Della Vedova, 2008).
E dai primi risultati di alcune indagini che si sono svolte su tutto il territorio nazionale (SEG-Covid19), si evidenzia che in media “i valori di ansia e depressione delle madri studiate superavano i livelli di soglia di normalità, influenzando, a loro volta, anche i livelli di attaccamento prenatale (l’insieme di pensieri che la futura madre ha nei confronti del proprio bambino/a prenatale). Nello specifico, l’analisi statistica evidenzia che l’alta percezione di pericolo per la diffusione del virus, le difficoltà economiche e la presenza di altri figli in famiglia, sono tutti fattori che aumentano lo stato di ansia e depressione delle gestanti, influenzando l’attaccamento prenatale”.
Ci sono già molti studi sulle conseguenze psico-comportamentali del Covid-19 sulle mamme, sui papà e i bambini, che si riferiscono al periodo di marzo, aprile e maggio. Dalle narrazioni raccolte e dalla paura di “trasmissibilità” alla nascita, tutti, anche i medici, non solo gli psicologi, ci interroghiamo sulle possibili reazioni emotive da parte delle donne in gravidanza e sulle trasformazioni nella relazione madre-figlio/a (Fanos V.. Khoory B. J., Trapani G., 2020).
La nascita di una nuova vita richiede una riorganizzazione delle proprie strutture di significato, dei propri ruoli e delle relazioni con gli altri, una rielaborazione ampia e comprensiva per fare spazio al nuovo. Non si tratta di un processo facile e lineare, perché deve fare i conti con la storia e i vissuti soggettivi di quella particolare coppia, con i vincoli e le possibilità di cui dispone in quel momento della sua vita. Si tratta di un cambiamento che, anche quando desiderato, anche nei casi più felici, può fare paura. Tanto più la trasformazione richiesta è profonda e pervasiva, tanto più può arrivare a profilarsi come minacciosa e richiedere un ampio cambiamento di sé, che a volte può essere estremamente destabilizzante.
Il periodo Covid aggiunge a questi vissuti la paura o addirittura l’esperienza di contrarre una malattia potenzialmente grave. Ovviamente il grado di smarrimento si amplifica: si tratta di un evento di fronte al quale ci si sente impotenti, impreparati, vulnerabili.
L’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute offrono informazioni molto precise riguardo la prevenzione, la trasmissibilità del virus e le buone prassi da tenere nel caso ci si ammali durante la gravidanza e nel puerperio.
I servizi sanitari dell’area ostetrico-infantile vengono garantiti, pur con la comprensibile fatica di ospedali e personale sanitario per organizzare spazi e turni adeguati, e la necessità di ridurre al minimo la presenza di persone in ospedale, con la conseguente assenza (o nei casi migliori presenza molto limitata) della figura paterna e la necessità di un sovraccarico tutto femminile.
Tanti sono i dubbi, le domande e le insicurezze delle future mamme, dei papà e delle coppie che si ritrovano improvvisamente a dover ricostruire le immagini, le aspettative e i desideri relativi alla gravidanza, al parto e al post-parto.
“Sicuramente pesano la paura dei contagi ospedalieri, l’impossibilità di avere il partner vicino, oltre ai noti motivi di padronanza del proprio corpo e il desiderio di riappropriarsi del momento del parto. Emerge una solitudine emotiva inattesa rispetto alle aspettative immaginate del “diventare madre”, solitudine determinata dal distanziamento sociale nel quale viviamo a causa del virus, che ha trasformato i rituali di festa attorno alla gravidanza da parte di parenti, amici e conoscenti.” (Fanos V.. Khoory B. J., Trapani G., 2020).
Non si tratta di questioni di poco conto, perché investono quell’universo di attese e di aspettative in cui, forse già prima dell’atto della fecondazione, viene concepito un figlio. Ogni domanda assume un peso specifico diverso all’interno della storia personale di ciascuna, si intreccia con i suoi significati, e non è detto che le rassicurazioni “tecniche” siano sufficienti a placare l’ansia.
La possibilità che l’altro sia portatore del virus, mentre io devo prendermi cura di un piccolo essere in-difeso, acuisce la solitudine e la mancanza di punti di riferimento, amplifica i vissuti di incertezza e di ansia.
Dall’esperienza nel reparto di Ostetricia e Ginecologia si rileva anche come molte mamme faticano a immaginarsi quegli aspetti del travaglio e del parto che invece, se adeguatamente anticipati ed elaborati, potranno aiutarle ad affrontarlo da protagoniste attive anziché come utenti passive, così come altre sono preoccupate dell’incontrollabilità degli eventi all’esterno, perché da un momento all’altro si potrebbe ritornare in emergenza.
Il sostegno sociale, definito come supporto emotivo e concreto che la gestante sente di poter ricevere dai familiari, dagli amici e dal partner, è stato riconosciuto come fondamentale dal momento che è stata evidenziata l’associazione tra scarso sostegno sociale e sintomi depressivi in gravidanza (Collins et al.,1993; Elsenbruch et al., 2007). L’attaccamento prenatale materno, costrutto relativo all’investimento affettivo della gestante verso il bambino atteso (Cranley, 1981; Condon, 1993; Muller, 1993; Della Vedova, 2005; Della Vedova et al., 2008), è stato considerato predittivo per la relazione di attaccamento madre-bambino (Siddiqui et al., 2000) e il Covid ha messo questi aspetti totalmente in discussione.
Il Covid-19, inoltre, non annulla le problematicità che possono affiorare in ogni gravidanza, aumentando la complessità e lo smarrimento: per esempio se si manifestano dei problemi della madre o del bambino (patologie, parto prematuro, complicazioni di vario genere), se ci sono delle fragilità emotive precedenti, se risulta difficile elaborare gli aspetti identitari e relazionali implicati nel cambiamento o se emergono delle incomprensioni nella coppia, ma accentua il senso di solitudine nell’impossibilità di relazionarsi all’altro come si era abituati a fare.
«Cosa provano le donne che sono in gravidanza oggi? quali sono gli stati emotivi? Cosa provano invece le donne che partoriscono in questo periodo? Cosa narrano? Quali effetti, anche psicologici, nella formazione dell’identità materna e nel processo di trasformazione da coppia a famiglia, e nell’affrontare le responsabilità di genitore? Quali emozioni più ricorrenti possiamo rintracciare nei loro vissuti? Di cosa hanno bisogno?» (Fanos V.. Khoory B. J., Trapani G., 2020).
Non esistono facili risposte agli innumerevoli vissuti e interrogativi con cui le future mamme e i futuri papà si stanno confrontando. Però aiutarle ad esplorare la complessità di quello che stanno vivendo trovando uno spazio congiunto per abitare anche ciò che non può essere anticipato, né tantomeno controllato, ci permette come professionisti di prevenire e tutelare la salute psicologica del pre e del post-partum. Attivare strumenti di prevenzione equivale a tutelare la salute attuale ma soprattutto futura del bambino e della madre, e di conseguenza di tutto il nucleo familiare.
Come professionisti dovremmo ricordarci di tenere a mente questi quesiti per porci in una posizione di ascolto empatico e di supporto, oggi ancora di più.
Ammaniti M., Candelori C., Pola M.,Tambelli R., (1995) Maternità e gravidanza. Studio delle rap-presentazioni materne, Raffaello Cortina, Milano.
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