Assessment e trattamenti a distanza: sfide per gli psicoterapeuti durante (e dopo?) la pandemia
SANTO DI NUOVO, VALERIA NARZISI - Università di Catania, dipartimento di Scienze della Formazione
L’uso di modalità telematiche per la valutazione psicologica e il trattamento a distanza non è nuovo, ma ha avuto un decisivo impulso durante la pandemia da CoViD-19.
In Italia, durante il lockdown generalizzato nei primi mesi del 2020, diventò urgente prendersi cura di persone che rischiavano di interrompere interventi già iniziati o di restare senza possibilità di supporto proprio nel delicato momento del distanziamento sociale. Boldrini et al., (2020) riportano che il 42% dei trattamenti in corso erano stati interrotti, lasciando i pazienti senza le necessarie cure.
Nei primi mesi di lockdown il Ministero della Salute chiese alla Società scientifiche di psicologia di partecipare al “numero verde” di supporto ai bisogni psicologici della popolazione. Sia per rispondere a questa spinta esterna, sia per autonoma capacità di adattamento, la comunità professionale degli psicoterapeuti italiani si è attivata, passando alla modalità “online” per molti dei percorsi terapeutici già iniziati, e praticando a distanza quelli di nuovo inizio.
Gli Ordini degli Psicologi Regionali e quello Nazionale, sulla scorta delle linee guida internazionali (APA 2013 e 2020, EFPA 2020)2 hanno fissato dei criteri per lavorare in sicurezza sia dal punto di vista deontologico che tecnico. I principali punti di queste linee guida sono:
- sul piano tecnico-informatico: utilizzare piattaforme sicure e garantire una buona connessione, senza interruzioni; accertare la possibilità di avere sufficiente privacy nel luogo da cui l’utente si connette, e la garanzia dell’assenza di terze persone durante la connessione;
- sul piano deontologico: fornire informazioni chiare circa le modalità e i limiti degli interventi psicologici a distanza, incluso il consenso informato alla prestazione e al trattamento dei dati, che va presentato, accettato e sottoscritto prima della prestazione;
- sul piano organizzativo: definizione precisa e non estemporanea del setting, che non può ridursi ad una semplice serie di telefonate “al bisogno”, e deve assumere le caratteristiche di regolarità e continuità fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati, anche per prevenire interruzioni premature del trattamento;
- sul piano professionale: lo psicologo non deve improvvisarsi “esperto in interventi telematici” ma deve avere ricevuto un training adeguato in quest’ambito, e comunque deve essere aggiornato sulle novità scientifiche affermate in questo ambito.
Un punto essenziale, che merita adeguato approfondimento, è assicurarsi che venga condotta una adeguata fase di valutazione iniziale per decidere se la modalità da remoto – o mista, ove possibile – sia l’opzione più indicata, o comunque utile, per rispondere ai problemi specifici dell’utente.
Nel complesso gli operatori hanno riferito che l’esperienza è stata molto interessante sul piano professionale. Quando fu richiesto un feedback di valutazione sulla partecipazione al “numero verde” ministeriale, uno psicoterapeuta responsabile di servizio esprimeva la sua sorpresa per aver constatato che molte tecniche di valutazione e di intervento possono funzionare anche a distanza, mentre un altro riportava la delusione per l’impossibilità di tradurre online tecniche che per tanti anni aveva usato in presenza, adattandole alla nuova situazione. È diffusa la constatazione che la valutazione e l’intervento a distanza richiedono una formazione specifica.
A partire da queste osservazioni riassumeremo brevemente i punti di forza e le criticità dell’intervento psicologico a distanza.
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